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Rolfing® e Immagine Corporea: Quando le Parole Modellano il Corpo



Rolfing® e Immagine Corporea: Quando le Parole Modellano il Corpo
In un mondo che ci chiede costantemente di apparire, il Rolfing ci invita a sentire. A sentire la nostra struttura, la nostra presenza, il nostro diritto di esistere nel corpo che siamo...

“Le parole che usiamo per descriverci possono diventare una seconda pelle, capace di modellare il nostro sentire, il nostro corpo, la nostra identità.”

— Monica Canducci

Viviamo immersi in un mondo dominato dall’immagine, in cui lo sguardo altrui – reale o interiorizzato – spesso detta il valore che attribuiamo a noi stessi. Ma cosa accade quando l’immagine che abbiamo del nostro corpo si trasforma in una gabbia, un peso o una vergogna? Come possiamo trasformare la percezione di noi stessi da giudizio a riconoscimento? Ecco una risposta tratta dall'articolo " Sculpting the Brain, Shaping the Body" di Monica Canducci, Certified Rolfer®, Rolf Movement® Practitioner, pubblicato sul Journal of Dr Ida Rolf Institute.

Il Rolfing® offre una possibile risposta, andando ben oltre il semplice lavoro fisico. Come ci mostra l’esperienza della Rolf Movement® Practitioner Monica Canducci, il Rolfing può essere un processo di riappropriazione profonda del proprio corpo, grazie all’uso consapevole del linguaggio, del tocco e delle immagini mentali.

 

Due storie, una ferita comune

Nel suo articolo “Sculpting the Brain, Shaping the Body”, Canducci racconta il percorso di due giovani donne, Amanda ed Ellie (nomi di fantasia), entrambe afflitte da una relazione dolorosa con il proprio corpo. Amanda, esile, controllata e impeccabile nel suo aspetto, si presentava come una guerriera in difesa: apparentemente sicura, in realtà devastata da una visione di sé profondamente negativa. Ellie, al contrario, alta, morbida e ritirata, sembrava implodere, cercando di nascondersi dentro abiti larghi e posture chiuse. Due polarità, stesso nucleo: un corpo rifiutato, disconosciuto, temuto.

Entrambe avevano provato molte strade – psicoterapia, gruppi di supporto, ipnosi – ma ciò che le aveva attirate verso il Rolfing era la possibilità di lavorare sul corpo in un modo nuovo. E, nel loro caso, questo lavoro non iniziò con il tocco delle mani, ma con quello delle parole.

Le parole che curano (o feriscono)

La nostra lingua è intrisa di espressioni legate al corpo: “mi sento schiacciato”, “ho un nodo allo stomaco”, “sono sulle spine”. Spesso queste metafore, apparentemente innocue, diventano programmi inconsci che modellano la nostra postura, il tono muscolare, la percezione di noi stessi. Amanda parlava del suo corpo come “pelle e ossa”, come qualcosa da controllare e disprezzare. Ellie si descriveva come “gelatina senza spina dorsale”, ritenendosi ingombrante, indesiderabile, invisibile.

Canducci ha iniziato il lavoro terapeutico partendo da queste immagini interiorizzate, offrendo nuove parole, nuove metafore, nuove possibilità di sentire. La sua metodologia, Move In Mind™, si basa proprio sull’uso del linguaggio e dell’immaginazione per stimolare la neuroplasticità e riscrivere il dialogo mente-corpo.

Rolfing come processo di reintegrazione

Quando le clienti si sono sentite pronte, è iniziato il percorso corporeo vero e proprio.

Il Rolfing, con il suo approccio sistemico e la sua attenzione alla gravità come forza organizzatrice, ha aiutato Amanda ed Ellie a costruire una nuova “mappa” del proprio corpo.

Non un corpo da correggere, ma da abitare. Attraverso il respiro, il movimento lento, l’auto-massaggio e l’esplorazione tattile consapevole, entrambe hanno iniziato a percepire il proprio corpo dall’interno, non più solo come oggetto dello sguardo altrui.

Amanda ha ritrovato il piacere del movimento e ha superato il rifiuto alimentare. Ha riscoperto la possibilità di prendersi cura di sé, fino a diventare madre. Ellie ha riconosciuto la forza e la dignità della sua struttura ossea, trasformando il suo sentirsi “troppo” in una presenza piena, viva e sicura. Ha lasciato la vergogna per riscoprire la propria vitalità, fino a diventare lei stessa una wellness coach.

Dallo specchio al sentire

L’insegnamento più profondo di queste due storie è che l’immagine corporea non è un fatto estetico, ma percettivo. È la qualità del nostro sentire che definisce il nostro benessere. Il Rolfing, in questo senso, è una pratica che può portare alla riconnessione profonda con il proprio corpo, alla costruzione di un senso di sé basato sull’interocezione, non sul giudizio.

Come scrive Canducci, “ciò che diventa importante non è più come appariamo agli altri, ma quanto ciò che vediamo nello specchio corrisponde a ciò che sentiamo interiormente.” E il compito del Rolfer diventa allora quello di ascoltare, osservare, sentire – e scegliere parole che accompagnino il cambiamento, con empatia e consapevolezza.

In un mondo che ci chiede costantemente di apparire, il Rolfing ci invita a sentire.
A sentire la nostra struttura, la nostra presenza, il nostro diritto di esistere nel corpo che siamo. In questo processo, parole, tocco e immaginazione diventano strumenti integrazione e libertà.

Perché – come ricorda Canducci – “le parole possono letteralmente scolpire il nostro cervello e plasmare il nostro corpo.”


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